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Negli ultimi anni, la rapida evoluzione delle tecnologie digitali ha trasformato profondamente le dinamiche dei conflitti globali, introducendo il concetto di “guerra cognitiva algoritmica”. Questa forma avanzata di manipolazione sfrutta algoritmi di intelligenza artificiale (IA) per raccogliere, analizzare e utilizzare dati in tempo reale, con l’obiettivo di influenzare percezioni, opinioni e comportamenti. Rispetto alla propaganda tradizionale, la guerra cognitiva algoritmica si distingue per l’uso mirato di contenuti personalizzati, modellati attraverso la segmentazione psicografica e adattati dinamicamente in base ai feedback ricevuti dagli utenti.

Il termine “guerra cognitiva” ha iniziato a guadagnare rilevanza accademica e strategica nei primi anni 2000, in concomitanza con la crescente diffusione dei social media e la loro capacità di amplificare narrazioni manipolative. Studi come quelli condotti dalla NATO e dalla RAND Corporation hanno sottolineato l’importanza della dimensione cognitiva come nuovo campo di battaglia. Ad esempio, la NATO, nel rapporto “Cognitive Warfare”, ha analizzato come la manipolazione delle percezioni possa alterare decisioni politiche e militari, mentre il RAND Corporation ha evidenziato l’uso di algoritmi per amplificare narrazioni polarizzanti durante le elezioni presidenziali statunitensi del 2016.

In parallelo, la Cina si è affermata come uno degli attori principali nello sviluppo di strategie di guerra cognitiva algoritmica. Uno studio pubblicato dallo Special Competitive Studies Project (SCSP) ha descritto come la Cina stia investendo nel “dominio cognitivo”, definito dalla National Defense University cinese come la capacità di influenzare il morale e il processo decisionale di avversari attraverso tecnologie di IA. La visione strategica cinese integra elementi della filosofia taoista, come l’importanza della percezione e dell’equilibrio, con approcci tecnologici moderni. Un documento del 2023 intitolato An Exploration of Effective Mechanisms and Critical Technologies in Algorithmic Cognitive Warfare illustra sei fasi chiave della guerra cognitiva, dalla raccolta dei dati all’ottimizzazione continua delle strategie.

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